Lampada da parete "Village", Parque de Espana
Esposizione monografica - Rosario, Argentina - 2001
Repubblica — 05 ottobre 2001
Dalla spazzatura al design tra New York e Marrakech
di Antonella Marino
Francesco Spada è uno dei progettisti italiani più rappresentativi del "nuovo design". Nato a
Novoli nel '53, vive a Lecce, ma è "nomade" per vocazione: si sposta "come un pazzo", soprattutto tra Londra, New York e il Marocco, dove da qualche anno collabora con lo "Studio Associati"di Marrakech (hanno da poco ultimato un grande albergo, sulle montagne dell' Atlante). Artistadesigner, come ama definirsi, Spada propone dagli anni Settanta un approccio antropologico alla cultura del progetto, teso a creare punti di dialogo e di equilibrio tra artigianato e industria, materiali naturali ed artificiali, progetto e ambiente. Ora l' Ambasciata d' Italia e il Consolato italiano l' hanno invitato per una grande personale presso il Parche de Espagna di Rosario in Argentina, che si terrà da domani al 28 ottobre. Ce ne parla lui stesso, in procinto di partire. Una mostra dal titolo avveniristico "Design per il villaggio futuro", un riconoscimento importante~ «E' un' iniziativa ufficiale, che rientra negli accordi internazionali tra Italia e Argentina. Ci tengo a sottolineare la grande sensibilità del Parche de Espagna, che ospita l' iniziativa. E' un luogo interessante, un centro culturale con gallerie gigantesche che nascono da vecchi depositi del porto di Rosario. Io ho a disposizione 2000 metri di superficie». Come è impostato l' allestimento? «Da una parte propongo una sintesi dei miei progetti degli anni ottanta e novanta, documentati con grandi gigantografie. Presento poi alcuni pezzi della recente collezione "Village", definizione di un sistema integrato di arredo domestico, prodotto tra Italia e Marocco. Espongo anche alcuni lavori inediti, fatti realizzare appositamente da aziende di produzione e artigianali nel Salento». Quest' impostazione "glocale", l' attenzione verso forme di creatività popolare e cultura materiale, contrassegna la sua ricerca fin dagli inizi. «In effetti c' è un filo evolutivo, che parte dalle esperienze di antropologia critica e di impegno civile negli anni settanta. Di lì, dopo aver girato il Nord Africa e essermi appropriato di un' antropologia mediterranea, sono partiti nuovi progetti di design, improntati alla rianimazione della cultura materiale e alla reinvenzione del lavoro artigianale. Un tema che in quegli anni nel Mezzogiorno era affrontato solo dallo Studio Atlantide, da me fondato a Lecce, e da Riccardo Dalisi a Napoli. Questa componente è ancora fortissima. Si riflette ad esempio nella lunga collaborazione intrapresa con il Comune di Cursi per la valorizzazione della pietra leccese». Di recente a cosa sta lavorando? «Negli ultimi anni il mio impegno è rivolto soprattutto a cercare un equilibrio tra materiali naturali ed artificiali, sperimentando anche nuovi materiali. Ho progettato a Brindisi una collezione di arredo urbano con il"synplast", una plastica eterogenea, di discarica. E' la filosofia del rifiuto di ritorno: dalla spazzatura al design. Sempre con plastica di riciclo ho disegnato per l' Enea l' Ecokit, composto da cinque oggetti domestici. E' necessario proiettarsi verso un' idea di sviluppo sostenibile, che rispetti l' uomo, di tutte le razze: in quest' ottica sono convinto che oggetti possano essere equilibratori di una nuova armonia sociale».
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